Carne coltivata e cibo sintetico: tra innovazione e tradizione
Immaginare un futuro in cui il cibo si produca in laboratorio, senza allevamenti né macelli, può evocare sensazioni contrastanti: da un lato, un’idea rivoluzionaria che promette un impatto ambientale minimo e il rispetto degli animali; dall’altro, la paura di perdere un pezzo del nostro patrimonio gastronomico e dei nostri valori culturali.
Dove siamo ora, in Europa e in Italia
Nel panorama europeo, la carne coltivata non è (ancora) presente sugli scaffali. Prima di tutto, qualsiasi prodotto cellulare deve affrontare la lente di novel food e ottenere una valutazione di sicurezza da parte dell’EFSA per poter superare il processo di autorizzazione europeo, solitamente di 18 mesi. Al momento nessuna azienda ha presentato il dossier completo affinché l’EFSA lo esamini, quindi nessun prodotto è approvato in Europa .
In Italia, invece, la risposta è stata ben più decisa: con la Legge n.172 del 1° dicembre 2023, il Parlamento ha vietato la produzione, la commercializzazione e persino l’uso di nomi tradizionalmente collegati alla carne per prodotti vegetali o cellulari – e prevede multe da 10.000 a 150.000 euro . Questa legge, voluta da Coldiretti e dal ministro Lollobrigida, si basa sul principio di precauzione e sulla difesa della cultura agricola italiana.
Innovation vs conservazione: il dibattito politico
La scelta italiana rispecchia una divisione netta lungo linee politiche: da un lato, la destra sovranista, incarnata da Fratelli d’Italia e Lega, insieme alle associazioni agricole tradizionali, ha sostenuto con convinzione la legge. L’argomento centrale era proteggere il legame tra cibo, terra e lavoro, evitando che innovazioni estere minassero l’identità culinaria del paese .
Dall’altro lato, le forze progressiste (+Europa, PD, M5S) insieme a molte startup biotech hanno criticato il divieto come anti-scientifico e protezionista, argomentando che frena l’innovazione, comprime la libertà di scelta dei consumatori e allontana investimenti e talenti, che potrebbero andare all’estero .
Anche l’Unione Europea ha manifestato riserve: l’Italia avrebbe violato il meccanismo di notifica TRIS e infranto i principi del mercato unico, immettendosi sul prima che Bruxelles potesse esprimere pareri . Se Bruxelles autorizzerà ufficialmente prodotti cellulari, il veto italiano potrebbe essere considerato una barriera ingiustificata al commercio.
I vantaggi indiscussi
Sostenitori della carne coltivata, supportati da dati indipendenti, mettono in evidenza il potenziale impatto positivo su ambiente e salute: riduzione di emissioni fino al 90%, risparmio di suolo e acqua, eliminazione dell’uso di antibiotici e diminuzione dei rischi sanitari . Paesi come UK, Singapore, USA e Israele hanno già autorizzato prodotti cellulari, dimostrando che si può conciliare innovazione e sicurezza .
Chi guarda al futuro vede nella carne coltivata una risposta concreta all'insostenibilità degli allevamenti intensivi e alle conseguenze del cambiamento climatico.
Le ragioni di chi frena
Chi guarda alla tradizione mette in rilievo il rischio di alienazione culturale: in Italia la carne non è un semplice alimento, è espressione di identità territoriale. Mantenere vivo questo patrimonio richiede proteggere allevamenti radicati, ricette locali e filiere storiche.
Inoltre, le stesse autorità hanno sollevato dubbi sui possibili effetti a lungo termine, sulla consistenza nutrizionale e sull’effettiva sostenibilità se i bioreattori non fossero alimentati con energie rinnovabili . Altri sottolineano la paura che i bioreattori diventino dominio di pochi colossi biotech, sottraendo spazio alle imprese agricole tradizionali.
Oltre il no: una possibile via italiana
La sfida non è tra innovazione e tradizione, ma tra un’edulcorazione forzata del sistema e un suo possibile equilibrio. Ecco come l’Italia potrebbe mediare:
- Sospendere temporaneamente la vendita domestica fintanto che l’EFSA e l’UE non abbiano concluso i loro studi e approvazioni.
- Investire nella ricerca finanziata pubblicamente per startup biotech italiane, magari affiancate a filiere agroalimentari locali.
- Etichettatura trasparente, distinguendo chiaramente la carne coltivata da quella convenzionale, senza demonizzare l’una o l’altra.
- Fondo di transizione: sostenere gli allevatori tradizionali nei processi di adattamento, favorendo produzioni sostenibili e proteggendo l’occupazione.
- Regolamentazione armonizzata in UE, per garantire che, una volta approvati, i prodotti cellulari possano essere realizzati in modo uniforme e sicuro in tutti gli Stati membri.
Conclusione
La legge italiana sul cibo sintetico riflette preoccupazioni comprensibili, legate alla tutela delle tradizioni, dell’ambiente e del lavoro agricolo. Ma in un mondo globalizzato e a impatto climatico crescente, chiudersi completamente all’innovazione può significare perdere opportunità che altri paesi non lasceranno scappare.
Servirebbe quindi una visione lungimirante che coniughi precauzione con apertura controllata, garantendo sicurezza e sostenibilità, ma aprendo al progresso. Solo così si costruisce un’Italia capace di difendere la propria identità culturale e, allo stesso tempo, di dialogare da protagonista con il futuro dell’agroalimentare globale.

gourmet
Data di inserimento 07 lug 2025
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